Le offerte più convenienti
Prenota gratis
Nessuna commissione

Via l’ansia con l’allenatore mentale Popolizio

Notizia pubblicata il 26 agosto 2009



Categoria notizia : Sport


CAMPIONATI primaverili di Riccione, marzo 2009. La pluridecorata Federica Pellegrini, stella assoluta del nuoto italiano, rinuncia alla batteria dei 400 metri. Una sorta di iperventilazione l’aveva bloccata poco tempo prima anche a Genova, durante gli 800 metri dei Campionati italiani invernali in vasca corta. Venne soccorsa a bordovasca.

Lo psicologo della Pellegrini: «Si deve puntare sulle qualità vincenti dell’atleta»

La vera ragione resta per qualche tempo oscura. Viene visitata dal capo della commissione medico-scientifica della Fin, Marco Bonifazi, che comunica: "Non ci sono problemi medici alla base della sua rinuncia alla competizione". Poco dopo è la stessa campionessa che dichiara: "Si tratta di crisi d’ansia. Dovrò parlarne e risolverli con chi di dovere". E lo ha fatto. Lui è lo psicologo e psicoterapeuta Daniele Popolizio, responsabile del progetto ‘Europa psicologia e sport’, direttore generale del Cenpis, specialista dello sport per il Circolo Canottieri Aniene di Roma e consulente per gli Azzurri durante i Mondiali di nuoto, da poco conclusi.
Professor Popolizio, sui malori della Pellegrini è stato detto e scritto molto. Si è arrivato a parlare anche di attacchi di panico. Vuole chiarire?
"Nego si trattasse di attacchi di panico, che comportano sintomi decisamente diversi rispetto a quelli manifestati da Federica: perdita di controllo, tremori, disorientamento, scarso o nessun contatto momentaneo con la realtà, forte precarietà, per citarne alcuni. Nel suo caso si trattava semplicemente di ansia, di un piccolo blocco emotivo che andava superato con il lavoro. La questione è questa: nello sport è necessario cambiare punto di vista per quanto concerne l’approccio mentale. Va valorizzato il processo psicologico che è determinante per tutti noi nella vita, figuriamoci per dei giovanissimi che si trovano ad affrontare prove fisiche di grande impatto in uno scenario dove la competizione è a livelli altissimi".
E’ quindi necessario anche ‘allenare’ la mente?
"Sicuramente. All’Aniene il mio ruolo è quello di ‘Mental Coach’ (in inglese significa letteralmente ‘allenatore della mente’, ndr). Lo sport e il supporto psicologico si devono sempre coordinare in maniera sinergica: uno non esclude l’altro, al contrario. Bisogna fare una vera e propria preparazione mentale nel corso di tutto l’anno per contribuire al rafforzamento della fiducia dell’altleta e, in seguito, per superare tutte le varie problematiche contingenti. Ogni atleta è diverso nella personalità come nelle problematiche che subisce".
Ci potrebbe fare degli esempi?
" La Pellegrini ha superato una sorta di bivio che l’ha portata ad avere sempre più fiducia in sè stessa. Alessia Filippi sta conquistando con ampie bracciate il suo spazio e la sua sicurezza, si approccia allo sport con equilibrio e tranquillità. Mente e fisico: un inscindibile binomio. E’ necessario cambiare mentalità da questo punto di vista".
Cosa intende per cambiare mentalità?
"Spesso si pensa solo a superare i punti deboli. Ma non basta. E’ soprattutto necessario lavorare sui punti forti che ogni atleta possiede. Valorizzare le caratteristiche vincenti di ognuno di loro contribuisce all’eliminazione del senso di precarietà che porta all’insicurezza. Questo processo va per forza di cose coordinato con l’allenamento fisico al quale l’atleta si sottopone".
Questo tipo di collaborazione tra allenatori della mente e chi si occupa del fisico però non è così diffusa, almeno oggi.
"Infatti. Non è affatto diffusa e per questa ragione io vorrei ringraziare la lungimiranza di Giovanni Malagò (Presidente dell’Aniene, ndr) e con lui tutto lo staff dei Canottieri. Il fisico spesso è la cartina tornasole dei nostri stati mentali, questo sia in positivo che in negativo. E’ il termometro dei nostri tormenti e delle nostre fragilità. Per questo la mente va necessariamente allenata a dovere. E’ difficile trovare allenatori aperti mentalmente come lo è stato Alberto Castagnetti, Ct della Nazionale Azzurra di nuoto. Ma l’iter è ancora lungo. Basti pensare che nel calcio la figura dello psicologo è spesso davvero irrilevante"