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Al Ravenna Festival i venticinque anni dell'Ensemble di Micha van Hoecke

Notizia pubblicata il 27 luglio 2007



Categoria notizia : Musica


Sin dagli esordi del prestigioso Ravenna Festival, Micha van Hoecke è una presenza costante all'interno della programmazione. Quest'anno, oltre ad una nuova creazione, ha ripreso " Monsieur, monsieur", il primo lavoro nato in seno all' Ensemble per festeggiare i venticinque anni di attività della sua fedelissima compagnia da lui definita "Un progetto umano, soprattutto di vita".

Il balletto, che rivelò al pubblico italiano questo geniale artista di padre fiammingo, madre russa, e francese di adozione, rappresenta un manifesto della sua poetica, sviluppatasi poi negli anni, ma sempre coerente ad uno stile che unisce discipline diverse. I suoi danzatori infatti sono artisti con un bagaglio di esperienze teatrali tale che recitano con il corpo danzante secondo la lezione del Mudra, la scuola di teatro totale di Béjart nella quale è cresciuto Micha (che ne assunse poi anche la direzione), dove tutte le arti dello spettacolo si fondono mirabilmente. Ed è un mosaico sfaccettato "Monsieur, monsieur", liberamente ispirato alle metafisiche e paradossali poesie di Jean Tardieu sceneggiate e visualizzate dal coreografo attraverso la recitazione, la danza e la pantomima. Dedicato al padre pittore, che aveva fra i suoi autori preferiti proprio Tardieu, il poeta e drammaturgo funambolo dell'immaginario, lo spettacolo rivela il mondo fantastico, nostalgico e malinconico di Micha. E' lui stesso, "entertainer" in frac e bombetta, e insieme ai suoi interpreti, ad accogliere il pubblico all'ingresso del foyer con i versi in francese del poeta: « Monsieur, mi scusi, che bizzarro cappello lei porta sulla testa!». «Monsieur, si sbaglia: io non ho più testa; come potrei dunque portare un cappello?». Su questo musicale gioco di parole che si estende su altri versi declamati e domande assurde rivolte al pubblico - un invito a immaginare, a vedere e udire ciò che non c'è - si prosegue fin dentro il teatro. I danzatori si insinuano tra gli spettatori della platea in silenziose e lievi scorribande fino al palcoscenico alternando gestualità del quotidiano a lampi di surreale simbolismo. Il risultato è una sorta di cabaret metafisico e come tale soggetto alla libertà inventiva, da guardare senza voler capire tutto, piuttosto da godere nella sua lirica spettacolarità piena di nonsense.

Micha strizza l'occhio a Magritte e a Man Ray. Del primo è evidente il segno nella porta azzurra disegnata di nuvole dalla quale si entra e si esce. Lo stesso disegno è riprodotto negli oggetti (una conchiglia, una macchinetta fotografica, un modellino di aeroplano, una gabbia d'uccelli?) tenuti in mano dagli strambi personaggi che popolano l'universo poetico di Micha-Tardieu, che siedono in fila, che parlano danzando sopra le sedie, che ridono per vincere la paura del buio aggirandosi con delle torce elettriche in mano, e che hanno nei due clowneschi omini con bombetta e ombrello, sempre in movimento, gli accompagnatori di tutto lo spettacolo. Un pastiche raffinato e onirico, con musiche ricercate - Sakamoto, Steve Reich, Django Reinhardt, Meredith Monk - che rivela però il tempo trascorso. Poiché nel frattempo in più intensi viaggi coreutici ci ha fatto circumnavigare Micha tracciando grafie che hanno lasciato ben altro segno.
Un bellissimo libro-intervista di van Hoecke, è da poco uscito (pubblicato dalla la Palma Produzioni, euro 25.00), scritto da Carmela Piccione, giornalista e critico di danza, che ripercorre l'avventura umana e artistica di questo poliedrico e straordinario interprete del nostro secolo. Una lunga e appassionata intervista durata tre anni, densa di immagini e di ricordi, di insoliti cammei e ritratti personalissimi, che si trasforma in pregnante conversazione sull'arte, la politica, la religione, il teatro e la danza. Sulla vita.