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Ceronetti, l’anti-Ferragosto in poesia

Notizia pubblicata il 17 agosto 2009



Categoria notizia : Cultura


«CERONETTI è ormai malconcio, ascoltatelo solo, non fategli le foto. Non stategli addosso». Si annunciava mesto l’incontro con il «Filosofo Ignoto», il padre del «Teatro dei sensibili», il raffinato traduttore di Marziale, Catullo e Giovenale, senza dimenticare le sacre scritture

Ceronetti, 82enne, avrà pensato per almeno qualche settimana se fare o meno nel monastero di Montebello l’incontro di Ferragosto dedicato alla poesia. Alla fine l’ha annunciato lui stesso, confezionando la locandina scritta a mano, con il programma e la ripetuta raccomandazione di non fargli le fotografie. Forse la pensa come gli antichi indiani d’America, che ritenevano di perdere un pezzo di anima con il ritratto fotografico. O forse è contrariato per aver subito l’effetto mediatico idolatrizzante che gli è calato addosso come una sciagura biblica, dopo essere andato da Fabio Fazio, in televisione, e finendo su internet, oggetto di commenti nei blog e «linkato» ovunque in videoclip cliccatissimi.
AL MONASTERO di Montebello, ospite di Gino Girolomoni (fondatore di Alce Nero), la presenza di Guido Ceronetti è di vecchia data, e per un gran numero di anni è coincisa con le conversazioni che qui ha fatto con il biblista Sergio Quinzio. Ceronetti forse ama stupire, e quando alle 18 quasi puntuali è apparso accompagnato da un bastone, ha subito esibito una sveglietta con suoneria elettronica. «Fissiamola per le 19 e 15 — dice subito — perché la poesia non è sopportabile oltre un certo limite di tempo».

Insomma, Ceronetti come stava? Come un atleta che ha fatto tutte le Olimpiadi della storia antica e moderna, pronto a fare anche le prossime. Si è subito finto gracile, ma poi è apparso gigantesco e con lo spirito di granito, lo stesso che troviamo nel suo ultimissimo «Insetti senza frontiere», uscito da poco nella piccola biblioteca Adelphi (180 pagine, 12 euro). Come la pensi sul tempo che trascorre, Ceronetti a pagina 143 scrive: «Il corpo che invecchia è il carnefice eretto ogni giorno a punitore spietato di tutta la propria passata innocenza». E’ così per tutti. Sul tavolo sono pronti tre libri da usare come filo conduttore. Sistemata con rinnovata pignoleria la sveglia, Ceronetti alza lo sguardo e la sala del monastero era già riempita: fuggire dal Ferragosto è anche questo, percorrere le Cesane con le strade non più bianche e aspettare che il «Filosofo Ignoto» inizi a parlare.

SUI MURI del monastero c’erano le locandine che annunciavano gli spettacoli di tanti anni fa del “Teatro dei Sensibili”, performance che forse non rivedremo mai più (neanche nel sorprendente abbinamento «Macbeth» seguito da «Cappuccetto Rosso»).
«VI LEGGO alcune mie traduzioni» ha esordito Ceronetti. E così si inizia con l’Eneide di Virgilio. «Nulla c’è che non pianga e versi in tante miserie...» per poi passare ad Antonio Cipriano José María y Francisco de Santa Ana Machado Ruiz, più semplicemente Antonio Machado. La tragedia dell’umanità continua con Guillaume Apollinaire, la Grande Guerra rievocata in versi, con le trincee della Fiandra: «Ascolta se piove. Ascolta, poi ascoltatela cadere, soldati, la pioggia...».

Il pubblico si commuove e allora arrivano la traduzione di Giorgos Seferis, poeta greco, il «Re Lear» di Shakespeare e non mancano Saffo ed Émile Zola, autore anche del romanzo «Germinal» che meriterebbe di essere conosciuto da molti. C’è anche tempo per le tragedie contemporanee che sembrano scritte dai greci (il duplice omicidio di Novi Ligure) e le violenze del nazismo e del fascismo, ovvero la storia del «pugile sleale Michele Bonaglia», che abbandonato il ring «spezzava le ossa — senza anestesia — ai partigiani durante gli interrogatori». Recitano i versi di Ceronetti: «Quando fu fatto fuori Michele Bonaglia, Sulla Piazza di Druent (2 marzo 1944). ...Me lo tirò un tenente jugoslavo/ L’avevano giurato i garibaldi / Andrò all’inferno, padre, ciao, la vita.- / Rantola, il prete assolve. Tra i pugnali/ E gli inni e le vendette i funerali. / Noi qui la fine vi abbiamo raccontato / Di un campione dal popolo esaltato/ Che una Sera di marzo incontrò il Fato/ Sulla piazza di Druent».

SQUILLA la sveglietta e Ceronetti è autorizzato a smettere con la poesia. Alla fine, dopo l’applauso lungo, s’è fatto anche fare le foto senza il flash. Forse, col senno di poi, avrebbe anche acconsentito a farsi filmare. Ma la poesia è sublime per questo, ci sospende nel tempo e fa rimpiangere e riflettere; quando viene letta da Ceronetti ci rende anche tutti un po’ migliori e forse ci fa conquistare anche parte della sua delicata dolcezza, così unica da essere un vero tesoro per l’umanità.
foto by http://www.flickr.com/photos/rodrigo_gomes/