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Rimini Romana

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Sono note per Rimini le produzioni di officine ceramiche ( noti gli scarichi dell'ex palazzo Battaglini e quelli presso il Mercato Coperto). Sono in gran quantità  vasi malcotti; tra questi prevalgono coppe, piatti, piattelli, tazze dal rivestimento di colore nero e recanti sul fondo piccole decorazioni impresse (palmette, fiori di loto, rosette). Queste produzioni sono datate a partire dalla metà  circa del III sec. a.C. .

Erano prodotte anche le terrecotte architettoniche, lastre che venivano usate come decoro per le facciate degli edifici; uno di questi artigiani si chiama Dionysios, e la sua firma appare su due formelle. La produzione di anfore si avviò forse alla fine del I sec. a.C., mentre quella dei laterizi  si può pensare fosse già  attiva ma fuori dalle mura cittadine.

Le necropoli erano situate all'esterno delle mura della cittadina. Quella rinvenuta vicino dell'Arco di Augusto é tra le più antiche e si sviluppava lungo la via Flaminia, dove sono stati rinvenuti anche dei monumenti funerari, quelli degli Ovii e dei Maecii , appartenenti a importanti famiglie . I monumenti, degli inizi del I sec. a.C., sono a dado, cioé un parallelepipedo in blocchi di pietra, con un fregio lungo tutti i quattro lati. I monumenti funerari si trovavano ai margini delle necropoli e lungo le strade in vista dei passanti.

   Le testimonianze archeologiche per l'età  repubblicana sono scarse, in campagna si aveva un popolamento sparso. E' documentata per il riccionese una diffusione fitta di case agricole e quindi simile doveva essere la situazione anche per la campagna riminese.
   Le principali produzioni agricole accanto alla vite erano cereali, in parte l'ulivo e gli alberi da frutta, parte dei terreni lungo le pendici collinari, veniva destinato al pascolo, vi erano anche ampie zone boschive e numerosi corsi d' acqua nel territorio che servivano per l' attività  delle fornaci.

   I  pocola deorum ( antichi documenti della religiosità  riminese (III-II sec. a.C.) erano costituiti da ciotole, coppe o piatti in ceramica a vernice nera con iscrizioni , alcuni dipinti erano riferibili a divinità : Apollo, Venere, Cerere.
   Rimini, essendo nata come colonia latina aveva una organizzazione di tale tipo. La presenza di un consul (console) rappresentava il magistrato supremo; i magistrati della colonia, eletti da un' assemblea popolare, dovevano avere potere esecutivo e giudiziario; il senato aveva funzioni consultive ed era composto da magistrati ed ex magistrati; la città  era dotata di un esercito che interveniva a fianco di Roma in caso di guerra.
   Un documento religioso attesta già  dal III sec. a.C. Rimini faceva parte di una provincia denominata Gallia e comprendeva l'Italia settentrionale e una parte della Toscana. Quando, nel 70 o 60 a.C., il confine della Provincia Gallia venne spostato al Rubicone Rimini, avendo in quel fiume il proprio limite al Nord, non fece più parte della Provincia..

Nel 90 a.C. le colonie latine dell'Italia settentrionale diventarono municipi dello stato romano, e Rimini, conservò per i propri magistrati i vecchi titoli, anche quello di consoli; i cittadini erano tutti a pieno diritto cittadini romani, iscritti nelle liste di una tribù; quella cui apparteneva la nostra città  era la Aniensis. L'ultimo secolo dell'età  repubblicana segnò un momento importante per la storia di Rimini, che si trovò dentro le grandi vicende, politiche e militari, che avviarono profonde trasformazioni generali.

L'estensione del diritto romano anche ai centri dell'Italia settentrionale, compresa Rimini, diede inizio alla ribellione di molte popolazioni dell'Italia centro-meridionale che volevano entrare a far parte della repubblica romana, la conseguenza fu la Guerra Sociale (90 - 89 a.C.),.

Nelle lotte tra Gaio Mario e Silla, Rimini parteggiò per Mario, subendo nell' 82 a.C. ritorsioni da parte di Silla, uscito vittorioso, ne sono a testimonianza alcuni interventi sulle mura cittadine, il rifacimento di Porta Montanara e il rafforzamento della porta "Romana" (poi trasformata nell'Arco di Augusto).

Il passaggio sul Rubicone di Giulio Cesare  lasciò una lunga tradizione tanto che in età  umanistica furono inventati due monumenti, il cosiddetto Decretum Rubiconis (Decreto del Rubicone) e il suggestum Caesaris, in cui si narrava di un discorso di Cesare, nel foro di Rimini, per arruolare uomini tra le sue truppe.

Bibliografia: Storia di Rimini di O. MARONI, M.L. STOPPIONI, Soc. Editrice Il Ponte Vecchio Cesena