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Annibale Gatti, il pittore macchiaiolo riscoperto da Eisenhower

Notizia pubblicata il 17 agosto 2009



Categoria notizia : Cultura


IL 13 AGOSTO 1909 si spegneva a Firenze, all’età di 81 anni, il pittore d’origine forlivese Annibale Gatti. Artista affermato e ricercato, aveva conquistato sul campo i galloni di esponente di punta della pittura toscana del secondo Ottocento, tanto che la sua scomparsa fu onorata da un corsivo commemorativo del giornale ‘La Nazione’.

GATTI era nato a Forlì il 16 settembre 1927 e nonostante si fosse trasferito in riva all’Arno in tenera età aveva continuato a mantenere legami con la sua terra dove tornò a lavorare in varie occasioni. Era figlio d’arte. Suo padre, Damiano, faceva il decoratore e verso il 1830 si trasferì con la famiglia oltre il crinale dell’Appennino per esercitare il mestiere. Qui il giovane Annibale intraprese studi specifici che culminarono con l’iscrizione all’Accademia di Belle Arti e, successivamente, con la specializzazione alla scuola di Giuseppe Bezzuoli dove strinse amicizia con Giovanni Fattori. Frequentare il mondo artistico della città toscana significava essere partecipe dei grandi fermenti che l’attraversavano. Significava vivere a contatto di uno straordinario patrimonio fatto di musei, gallerie, chiese, palazzi e botteghe e permetteva di condividere situazioni d’avanguardia come quelle del ‘Caffè Michelangelo’.

Dalla metà degli anni ’40 del XIX secolo, il locale fu punto di ritrovo di artisti e letterati, nonché di personaggi eccentrici, e nel tempo questa fucina di idee divenne l’emblema del rinnovamento artistico operato dai Macchiaioli. Il pittore forlivese lo frequentò assiduamente e fu proprio lui ad introdurre in quell’ambiente il giovane Diego Martelli che poi divenne celebre critico d’arte e mecenate. Annibale Gatti, che ne curava l’educazione artistica per conto della famiglia, lo portava con sé e lo presentò agli altri amici che frequentavano quei tavoli, fra i quali anche Telemaco Signorini, Odoardo Borrani, Vincenzo Cabianca, Cristiano Banti e, più tardi, il modiglianese Silvestro Lega.

IL PERCORSO artistico di Gatti si mantenne però distante dalle influenze dei Macchiaioli prediligendo uno stile classico e temi di carattere storico - religioso. Si cimentò in varie tecniche ma fu soprattutto nell’affresco e nella decorazione che guadagnò i maggiori riconoscimenti. Intorno alla metà del secolo ottenne i primi successi e nel 1861 fu chiamato a decorare la Sala del trono in Palazzo Pitti. Particolarmente importante per la sua carriera fu il rapporto con l’architetto Giuseppe Poggi, incaricato della nuova sistemazione urbanistica di Firenze e autore della ristrutturazione di diversi palazzi antichi che Gatti venne poi incaricato di affrescare.
LAVORÒ nelle residenze della nobiltà e della ricca borghesia toscana, ricevendo molte richieste soprattutto negli anni in cui la città del giglio divenne capitale d’Italia, fra il 1866 e il 1870. La sua produzione fu caratterizzata anche da una considerevole attività pittorica e dall’insegnamento al Collegio di Belle Arti fiorentino. Estese l’impegno professionale anche in altre città, sempre in residenze private, istituzionali e religiose, distinguendosi in un filone particolare: quello della decorazione dei sipari teatrali che firmò in Italia (fra i più noti quello del ‘Verdi’ di Pisa e del ‘Comunale’ di Forlì) e all’estero, dal Cairo fino a Bogotà.Oltre al ‘velario’ dell’antico teatro forlivese, andato completamente distrutto insieme all’edificio durante la seconda guerra mondiale, un’altra presenza artistica di Gatti nella città romagnola veniva segnalata nel 1926 dalla ‘Guida Casadei’ nella decorazione in stile ‘chinese’ della torretta Mazzoni, in via Pisacane.
MA LA SUA OPERA magistrale, apprezzabile nella Sala dell’ex consiglio comunale di via della Torri 13 (oggi inglobata dal Comune e ribattezzata ‘Sala Calamandrei’), è rappresentata dall’allegoria del progresso. L’affresco campeggia al centro della volta incorniciato da medaglioni di illustri romagnoli e dagli stemmi delle città di Forlì, Cesena e Rimini. In posizione principale è raffigurata una figura femminile affiancata da putti mentre attorno a loro compaiono i simboli della modernità di fine Ottocento. Vicino ai piedi della donna, simbolo della nuova patria italiana, trovano spazio i bachi da seta su foglie di gelso, elemento base di un’attività industriale di primo piano nel territorio forlivese dell’epoca che vedeva in funzione filande artigianali, opifici per la trattura del filo e l’essiccazione dei bozzoli, nonché veri stabilimenti industriali come la Bonavita (azienda impegnata nella produzione di feltro) e la grande Filanda Majani di Schiavonia. Altro simbolo è il mazzo di spighe di grano inframmezzato da papaveri, a testimonianza del ruolo centrale assegnato all’agricoltura. Una evidenza speciale spetta ai nuovi mezzi di comunicazione con il telegrafo impugnato da un putto (il palazzo provinciale era anche sede della stazione telegrafica) e la cornetta del telefono, dalla quale parte un cavo che si disperde nelle nuvole.

Dopo la morte, la stella di Gatti andò offuscandosi, adombrata dalla enorme celebrità conquistata dagli amici Macchiaioli.
LA SUA CITTÀ natale ne mantenne viva la memoria attraverso l’intitolazione di una via nel 1951 ma col passare del tempo il legame continuò ad affievolirsi. Solo pochi esperti d’arte e appassionati di storia ne ricordavano il nome quando un inatteso avvenimento lo portò alla ribalta. Mancavano poche settimane alla fine del 1959, con il mondo imbrigliato nelle tensioni della ‘guerra fredda’, e in Italia giunse in visita ufficiale il Presidente degli Stati Uniti d’America Dwight Eisenhower. Nel ricevere l’illustre ospite, il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi gli fece dono di un quadro di Annibale Gatti raffigurante l’incontro storico fra ‘La Fayette e Washington’. La notizia rimbalzò in piazza Saffi con maggior vigore rispetto al resto della penisola suscitando entusiasmo da parte del l’Amministrazione comunale che, nel riscoprire l’illustre figlio, espresse viva soddisfazione «poiché — annunciavano Sindaco e Assessori sul periodico ‘Il Pensiero Romagnolo’ - un’opera di un artista concittadino andrà ad arricchire la galleria della Casa Bianca».

foto by http://www.flickr.com/photos/zunardu/